Quella dell’attuale Henan non è solo la regione del taiji quan ma anche la terra che ha visto la nascita del Buddismo cinese, il cosiddetto “Buddismo Chan”.

Allontanarsi per un giorno dal nostro villaggio e vivere una giornata da veri turisti nella città di Luoyang ci ha permesso infatti di scoprire alcuni siti di forte interesse culturale, storico, architettonico. Abbiamo così deciso di dedicare la mattinata a visitare il primo tempio buddista eretto in Cina, il Tempio del Cavallo Bianco, dal quale si sarebbe poi diffuso il “Buddismo cinese”; il pomeriggio invece è stato dedicato alle Grotte di Longmen (sempre nei pressi di Luoyang), che mostrano all’incirca diecimila Buddha allo spettatore sempre più attonito.

Le terre dell’Henan, centinaia di anni fa, sono state attraversate da monaci buddisti provenienti dall’attuale India, i quali servendosi di cavalli, hanno trasportato le loro sacre scritture, i “Sutra”, avviando la diffusione del Buddismo in Cina. È così che ha avuto origine la maestosa struttura architettonica del Tempio del Cavallo Bianco. Al primo monaco buddista che ha tradotto i Sutra in cinese, Kasyapamatanga, è dedicato un tempio discreto, modesto, per nulla imponente, che molti visitatori sembrano ignorare, forse perché ben più piccolo e modesto rispetto agli altri templi, maestosi, regali, eleganti, dedicati al Buddha, ai suoi discepoli e ai quattro guerrieri che lo proteggono.

Come già sapevamo, nella sua rappresentazione il Buddha è spesso in compagnia di quattro guerrieri: abbiamo sorriso quando li abbiamo visti per la prima volta, perché i Maestri del Taiji Quan stile Chen del nostro villaggio sono denominati da molti anni ormai “i quattro guerrieri del Buddha” (Zhu Tiancai ovvero il nostro Maestro; Chen XiaoWang, Chen Zenglei, Wang Xian). Finita la visita al Tempio del Cavallo Bianco, abbiamo pranzato in un ottimo ristorante, mostrando un occhio di riguardo per i ravioli (con carne di agnello o verdure) e le salse che li accompagnavano. Finito il pranzo, in meno di un’ora siamo giunti al bacino delle grotte di Longmen, racchiuse intorno al fiume Yi, un importante affluente del fiume Giallo.

Le grotte di Longmen si presentano come un percorso unico e stupefacente fra natura, religione e misticismo. Denominato dall’Unesco come un sito patrimonio mondiale dell’umanità (la Cina ne ha oltre cinque…), esso inizia a presentarsi ai nostri occhi come una “collezione”, una raccolta, un susseguirsi, un maestoso insieme di centinaia di nicchie scavate nella roccia, e destinate a racchiudere tantissime statue del Buddha: molte sono sfigurate o semidistrutte, a causa della cosiddetta “rivoluzione culturale” (mai definizione è stata così fuori luogo) promossa da Mao Tse Tung; hanno varie dimensioni e colori, a seconda della grandezza della cava, dell’effetto cromatico delle acque in grado di penetrare la roccia e dell’importanza o ricchezza delle famiglie reali  che commissionavano l’opera (molto più raramente gente comune, non appartenente a famiglie di governanti).

La guida, una ragazza vivace e attenta a ogni nostra curiosità culturale, ci ha raccontato l’origine dell’affascinante architettura, quasi “rupestre”, che caratterizza il bacino delle grotte. Durante il susseguirsi delle dinastie imperiali, infatti, le pareti della collina sono state di volta in volta prescelte dalla mano artistica e dal fervore religioso dei regnanti, fino a generare migliaia di statue di dimensioni stupefacenti: la più grande è alta 17 metri ed è stata realizzata in tre anni di lavoro. Per questa statua, le orecchie del divino Buddha sono lunghe un metro!

La visita alle grotte di Longmen ci ha permesso di cogliere un aspetto profondo della storia culturale dell’attuale Cina, portandoci in una dimensione – quella religiosa – che non eravamo ancora riusciti a immaginare nella quotidianità del nostro allenamento di taiji e fra i volti degli abitanti di Chenjiagou.